Ci sono guerre di cui non si parla perché così lontane dagli interessi delle potenze mondiali da non destare la nostra attenzione. Ci sono guerre di cui invece non si parla perché così legate agli interessi di grandi potenze economiche e militari che si preferisce agire evitando le luci dei riflettori. Così nello Yemen, da più di tre anni, vengono sganciate bombe “silenziose”, che hanno provocato però più di 10.000 morti, per la maggior parte civili. Le vittime sarebbero molte di più se qualcuno potesse contare i danni collaterali: migliaia di decessi dovuti alla malnutrizione, alle malattie, all’inasprimento del regime oppressivo dei ribelli Houti.
Figlia incompiuta delle Primavere arabe, la rivolta nello Yemen ha portato nel 2011 alla destituzione del presidente Saleh, al potere da più di trent’anni, ma ha creato, come in Libia e in Siria, una pericolosa instabilità politica ed economica, di cui hanno cercato di approfittare da un lato le milizie di Al Qaeda, dall’altro i potenti vicini che si contendono il predominio regionale. Contro il nuovo governo di Abd Rabbo Mansur Hadi, unico candidato alle elezioni del 2012, si è subito schierato il gruppo ribelle sciita degli Houti, che dopo anni di scontri è riuscito a prendere il controllo di ampie aree del territorio, costringendo lo stesso Hadi alla fuga in Arabia Saudita. Proprio da Riyad è partita la risposta militare di 9 Paesi. Obiettivo dichiarato è ripristinare il legittimo governo. Obiettivo non dichiarato colpire lo storico nemico iraniano, accusato di fornire armi e assistenza ai ribelli Houti, e imporsi come nuova potenza regionale. Sfortunatamente quella che doveva essere la guerra lampo saudita va avanti ormai da tre anni, regalando alla popolazione stremata un duplice triste primato: lo Yemen è teatro della peggiore crisi umanitaria del mondo (22 milioni di abitanti su un totale di 29 necessitano di assistenza) e della peggiore epidemia di colera, aggravata dalle condizioni igienico-sanitarie ai limiti della sopravvivenza.
Ad oggi la possibilità di avviare negoziati di pace appare lontana. Le parole di Papa Francesco, che anche nell’Angelus del 17 giugno scorso ha pregato per la martoriata popolazione yemenita, auspicando al più presto una soluzione diplomatica, sembrano per ora cadute nel vuoto. Londra e Washington hanno appena firmato nuovi accordi miliardari per la vendita di armi ai sauditi e, nonostante qualche dichiarazione di facciata, non sembrano voler opporsi agli interessi del loro ricco alleato. L’Unione Europea nelle proteste appare ancora troppo timida e forse anche miope. Se da un lato infatti si dimostra preoccupata di difendere i propri confini e ridurre i movimenti migratori verso le sue coste, dall’altro sembra non accorgersi che la crisi politica e umanitaria che ha colpito lo Yemen ha praticamente azzerato i flussi di migranti dal Corno d’Africa verso la penisola arabica, lasciando la rotta mediterranea come unica possibile per i migranti forzati somali ed eritrei.
Emanuela Limiti