La didattica della prossimità

La didattica a distanza ha messo a dura prova le nuove generazioni. I giovani si sono ritrovati a vivere la pandemia con grande disorientamento, privati delle loro relazioni sociali e di una quotidianità fatta di studio e apprendimento condiviso in classe. Elementi essenziali in un momento di crescita, in cui la scuola è per gli adolescenti un punto di riferimento insostituibile, bussola con cui trovare la strada che porta a costruire il proprio futuro. Anche i progetti didattici del Centro Astalli, Finestre-Storie di rifugiati, parte del programma europeo CHANGE, e Incontri-Percorsi di dialogo interreligioso, si sono adattati alla Didattica a distanza; insieme ai rifugiati e ai testimoni delle diverse religioni ci siamo ritrovati a riflettere sulle opportunità e sulle sfide di questa nuova modalità, in cui l’incontro e la reciproca conoscenza da reali sono diventati virtuali.

In questi mesi, il grande desiderio dei giovani di riappropriarsi del presente per costruire il futuro si è trasformato per alcuni in un impegno concreto grazie al Servizio Civile. Giovani poco più grandi degli studenti coinvolti nei progetti didattici si sono impegnati a promuovere nelle scuole la cultura del dialogo e dell’incontro.

I volontari, insieme ai rifugiati e ai testimoni si sono ritrovati a condividere con gli studenti delle scuole una situazione inaspettata e in costante divenire. La lontananza fisica si è fatta prossimità e ha favorito uno scambio reale fatto di reciproca conoscenza e ascolto.

Il dialogo interculturale e interreligioso, insieme alla grande voglia da parte dei ragazzi di incontrare “l’altro”, accogliendolo e lasciandolo entrare seppur virtualmente in casa propria, sono divenuti la miscela perfetta per un vaccino culturale ed educativo in grado di dare vita a nuove forme di solidarietà.

Mariangela volontaria di Servizio civile nel progetto Finestre

“In un contesto in cui l’immigrazione rappresenta un fenomeno strutturale, si rende sempre più necessario valorizzare la ricchezza dell’incontro, prima di tutto tra persone e poi tra culture. Tale consapevolezza, ha reso in me vivo il bisogno di sperimentare, anche attraverso l’esperienza del volontariato, quanto le nostre capacità umane di empatia e di solidarietà siano in grado di mettere in crisi i nostri pregiudizi. Durante il lockdown, incontro dopo incontro, è stato possibile trasformare, quello che è senza dubbio un limite, in opportunità. La Dad ci ha permesso di superare lo spazio della classe, arrivare direttamente nelle case di ognuno, e di esplorare nuove modalità di dialogare con gli studenti. In questa esperienza, ho sempre cercato di recuperare preziosi frammenti di quella relazione umana che in una dimensione normale costituisce il cuore del dialogo interculturale e di ricostruire un luogo virtuale che esiste nel nostro essere comunità, nel nostro ascoltarci e ritrovarci.”

Damiano volontario di Servizio civile nel progetto Incontri

“Se dialogo, come sostiene il filosofo Raimon Pannikkar, è tutto ciò che avviene fra persone, vuol dire che parlare, incontrarsi, conoscersi, è dialogo. E lo è anche se la pandemia ci costringe a relazionarci a distanza, condividendo nuovi spazi, che sono virtuali. Il progetto Incontri porta il dialogo interreligioso a scuola grazie all’incontro con persone di diverse religioni e alla condivisione delle loro esperienze quotidiane di fede. Attraverso il dialogo il Centro Astalli contribuisce dal “basso” alla costruzione di una realtà che valorizza le differenze. La pandemia e la didattica a distanza hanno fatto sì che questo dialogo interreligioso trovasse nuovi spazi in cui co-abitare. Poter entrare attraverso la videocamera del computer o del proprio telefono nelle case dei testimoni della fede e conoscere davvero uno spaccato della loro quotidianità ha trasformato la modalità virtuale in un’opportunità. E così lo spazio dedicato alla preghiera rivolto verso la Mecca, l’altare di Buddha o le sacre icone, da luoghi e simboli di culto privati, sono diventati patrimonio comune, annullando le di-stanze e promuovendo il vero dialogo tra persone.”

Francesca Cuomo e Valentina Pompei

Un anno con i rifugiati – L’esperienza di servizio civile al Centro Astalli

 

Dodici mesi con i rifugiati, in un contesto stimolante e formativo: questa è l’esperienza che il Centro Astalli offre ai giovani che fanno richiesta di fare il servizio civile volontario: dalla mensa ai centri d’accoglienza, dall’ambulatorio ai progetti per le scuole, i giovani sono a contatto con operatori qualificati, volontari e soprattutto rifugiati da cui imparare a di cui farsi prossimo con competenza e serietà


Ho avuto modo di confrontarmi con tantissimi ragazzi e ragazze, ascoltando le loro opinioni, i loro dubbi, le loro idee; sono spesso titubanti, e raramente conoscono le cause di determinati fenomeni. La testimonianza diretta cambia completamente le carte in tavola, non si parla più di un qualcosa che è lontano da loro, il testimone è lì per loro, con loro. E a quel punto il dialogo diventa reale, diretto e libero da pregiudizi.

Prima di iniziare questa esperienza ero consapevole della realtà delle migrazioni e della complessità del nostro tempo; ma prendendone parte più da vicino mi sono resa conto di quanto fosse importante fare oltre che sapere. C’è bisogno di agire, mettersi in gioco; come dice papa Francesco “la vera sfida è trasformare la liquidità in concretezza… Quando si fa questo l’agire non è violento, è bello, è bellissimo, è la gioia di fare la strada insieme”.

Giulia


Quest’anno di servizio è stato un anno ricco di esperienze che mi hanno aiutata ad aprirmi verso il prossimo e ad avere più fiducia in me stessa grazie alla collaborazione con i volontari e gli operatori della mensa, che sono sempre stati disponibili e aperti per qualsiasi dubbio o difficoltà.

Avevo già avuto esperienze di volontariato prima, ma ho voluto intraprendere questo percorso più approfondito proprio perché interessata al tema dell’immigrazione e dell’integrazione per i rifugiati nel nostro paese.

Consiglierei ad ogni giovane questa esperienza, perché è un anno in cui ti metti a servizio degli altri, ma soprattutto è un’opportunità per mettere in gioco degli aspetti di te che neanche sapevi di avere. La mensa del Centro Astalli è un posto in cui incontri il mondo e lo impari a conoscere da un’altra angolazione, quella dei rifugiati.

Silvia


Sono quasi al termine del mio anno di servizio civile al Centro Astalli. Ho prestato servizio presso lo sportello lavoro e la scuola di italiano.

In entrambi i servizi ho avuto modo di conoscere da vicino i rifugiati. Specialmente nei colloqui di orientamento al lavoro, spesso mi hanno raccontato le loro storie, storie di viaggio, di fatica. Il fatto che loro abbiano deciso di condividerle con me mi ha profondamente arricchito.

Nel mio servizio a scuola ho imparato che in una classe non sono soltanto gli allievi ad imparare. Se si ha l’umiltà di scendere dalla cattedra e di ascoltare, è l’insegnante che esce dalla lezione con qualcosa in più.

Al termine di questa esperienza ho scoperto la bellezza del donarsi agli altri, di aiutarli non solo materialmente, ma soprattutto offrendo loro un po’ del mio tempo.  

Francesca

Cecilia racconta il servizio civile al Centro Astalli

“ I Rifugiati sono persone comuni che si vengono a trovare in circostanze eccezionali.

Rifugiati si diventa all’improvviso, senza averlo voluto e, a volte, senza aver fatto nulla di straordinario.”

Ho scelto di iniziare al mia testimonianza con questa definizione su chi sono i rifugiati, tratta dal libro “Terre senza promesse” a cura del Centro Astalli (Avagliano editore 2011), per mettere luce sulle persone con cui e per cui io, Federico, Jessica, Federica, Saverio, Andrea, Chiara, Ilaria, Maurizio abbiamo lavorato in questa nostra esperienza di Servizio civile nazionale al Centro Astalli.

Circa un anno fa ognuno di noi è stato assegnato ad un servizio o un prgoetto; abbiamo offerto un piatto di pasta a chi ne aveva bisogno; abbiamo scritto curricula pieni di speranza; abbiamo coltivato discorsi e scambi alla scoperta di un mondo femminile, a volte lontano, ma spesso vicino e riconoscibile. Abbiamo cercato di far conoscere a bambini e adolescenti altri mondi, che sono anche i nostri mondi; abbiamo imparato insieme come sia difficile distinguere la A dalla E   ma, come ancora più difficile, sia non sapere quale sarà il proprio futuro, ricordare e raccontare eventi che logorano, non sapere dove andare a dormire e non piangere al ricordo della proprio famiglia lontana.

Alla fine di questo nostro Servizio civile ci possiamo solo ritenere fortunati per aver vissuto un’esperienza che ci ha formati, che ci ha permesso di conoscere persone che ci hanno insegnato la forza di andare avanti e la speranza, anche nel nostro Paese.

Cecilia De Chiara

Giovani in servizio civile al Centro Astalli

Anche quest’anno il Centro Astalli ha la possibilità di ospitare all’interno delle sue attività dieci giovani, dai 18 ai 28 anni, in servizio civile volontario. Andrea, Cecilia, Chiara, Federica, Federico, Ilaria, Jessica, Marcello, Maurizio e Saverio hanno scelto di partecipare al progetto “Bianca e Bernie”, promosso dal CESV in collaborazione con il Centro Astalli e l’associazione ACSE, e trascorrere un anno della propria vita a stretto contatto con i rifugiati. Per molti di loro questa esperienza rappresenta la naturale prosecuzione degli studi universitari e la possibilità di inserirsi operativamente all’interno di un’associazione strutturata e attiva sul territorio.

Per altri, invece, è l’occasione di cimentarsi con una sfida totalmente nuova, che può essere talvolta anche molto impegnativa. Qualunque sia la motivazione iniziale, in un periodo di crisi generalizzata come quello attuale, in cui sembrano prevalere solamente gli interessi personali, tale scelta dimostra buona volontà e grande spirito di solidarietà: valori che lasciano un po’ di speranza a chi vuole continuare a credere che una società diversa sia ancora possibile.

 “Per me il servizio civile non è stato una scelta casuale, ma ben meditata. Sentirsi parte attiva di un progetto tale è quanto mai importante in un momento in cui il nostro Paese, tra i tagli ai fondi per il sociale, la crisi economica e l’intolleranza verso gli stranieri, ha bisogno di strumenti come l’accoglienza, l’assistenza e la sensibilizzazione per ritrovare se stesso e infondere la fiducia persa sia nei cittadini italiani che negli immigrati.

Il servizio presso la mensa e il centro di accoglienza ‘San Saba’ mi permette di avere una panoramica ampia sul mondo dei rifugiati e sulle loro problematiche. A mensa il tempo per scambiare due chiacchiere è limitato. Ogni persona che incontro sta affrontando i suoi problemi, risolverli non è così facile, ma la cordialità è forse il miracolo che sta aspettando.

Il centro di accoglienza, invece, mi offre la possibilità di coltivare rapporti più  stretti con i circa 35 utenti ospitati nella struttura. Le loro disavventure quotidiane diventano le mie, i loro interessi stimolano la mia curiosità. Attraverso le loro parole conosco Paesi e culture nuove. Allora la mia mente viaggia mentre il mio corpo rimane lì, nel cortile di ‘San Saba’.

Sono esperienze così gratificanti sia dal punto di vista umano che professionale, che ti rendono consapevole di quanto sia valsa la pena presentare la domanda per il servizio civile. Da cinque mesi a questa parte si è aperta una nuova finestra nel mio mondo”.

 Federico Marzano